Storybox Karman

Intervista all'architetto e designer: come coniugare le esigenze del cliente?

Scritto da Camilla Rossi | Pubblicato il 10 febbraio 2023

Dario De Meo è un designer, Luca De Bona un architetto: insieme formano lo studio di progettazione Debonademeo, attivo in diversi campi, dal prodotto all'interior.

La loro collaborazione, nata dall'incontro a Milano dopo diverse esperienze lavorative in giro per il mondo, è un viaggio comune, un «percorso reale e mentale attraverso i luoghi, il tempo, le arti linguistiche, l'espressività capace di mescolare funzioni ed emozioni». Con forti basi teoriche e una cultura storica importante, De Bona e De Meo non dimenticano la tradizione ma fanno innovazione, usano la tecnologia per stimolare i sensi e le emozioni delle persone che vivono gli spazi e usano gli oggetti. Con loro abbiamo parlato di illuminotecnica, per capire meglio come le esigenze del cliente si possano coniugare con la creatività del progettista, e abbiamo chiesto una curiosità sulla loro lampada Karman meglio riuscita.

 

Notredame

Come ci si approccia a un progetto di illuminazione e quali sono gli step fondamentali per una buona riuscita dell'intervento?

«Ogni progetto di interni, che si tratti di un'abitazione privata o di un luogo pubblico come un negozio o un ristorante, non ha solo a che fare con i tecnicismi ma anche con le emozioni. La buona prassi prevede di fare un sopralluogo nello spazio per conoscerlo davvero e non solo tramite planimetria o rendering, per viverlo ed esperirlo, sia esso vuoto o già arredato. È necessario valutare le sue caratteristiche tecniche, le superfici, l'atmosfera, ma anche la luce diurna e immaginare come poterlo illuminare artificialmente al calare del sole. C'è poi una fase di analisi più tecnica che tiene conto delle funzioni del luogo, magari della necessità di garantire valori diversi in aree dedicate al lavoro o alla lettura rispetto a quelle di sosta o passaggio, senza dimenticare le normative specifiche nazionali o europee, soprattutto nell'ambito del pubblico. Arriva, ultimo ma non ultimo, l'aspetto estetico della questione e il rispetto del concept architettonico e di interior: il linguaggio del progetto illuminotecnico deve garantire coerenza. Servono diversi tipi di prodotto, soluzioni tecniche per le aree operative, luci d'accento per sottolineare angoli od oggetti speciali, prodotti decorativi che si adattano allo stile e all'arredamento. È sempre importante tenere presente che la luce influenza la lettura degli interni, si può rendere tutto più "piatto" o più magico giocando con le ombre, si può scaldare o raffreddare lo spazio con differenti temperature colore delle sorgenti».

 

 

Quali sono le richieste della committenza per un progetto di lighting?

«Notiamo che le richieste cambiano in Italia e all'estero. Nel nostro Paese ci viene chiesta una luce abbondante, i clienti sono spesso convinti che illuminando di più gli ambienti vengano percepiti meglio, i dettagli vengano apprezzati e gli occhi non si affatichino. Questo accade soprattutto nel retail o nei negozi, penso ai saloni di parrucchiere generalmente sovra-illuminati. All'estero, soprattutto in Nord Europa, la luce è considerata qualcosa di prezioso e ancestrale, pertanto anche quella artificiale viene usata con più parsimonia, per dare valore a momenti legati alla famiglia, al lavoro, all'esperienza di shopping, alla condivisione. Sono aspetti sociali e legati all'antropologia. Ci sono anche differenze di visione tra cliente e progettista sulle modalità di applicazione dei singoli prodotti: su quelli più tecnici l'installazione è ovviamente legata al corretto utilizzo, sulle lampade decorative si aprono sempre grandi discussioni. Faccio l'esempio delle sospensioni sopra al tavolo: i committenti tendono a volerle posizionare molto alte, mentre noi tecnici sappiamo che la distanza adeguata dal piano di lavoro sarebbe 80-90 centimetri».

 

 

Come riuscite a coniugare le esigenze del cliente con la vostra creatività e con la necessità di garantire un'illuminazione di qualità in termini qualitativi e quantitativi?

«Al di là del rispetto di norme e regole, una buona illuminazione condiziona l'esperienza che le persone hanno negli ambienti, le emozioni che provano. L'avventore o chi abita le case non ha la minima idea di come funzionano gli apparecchi, del calcolo dei flussi o di altri tecnicismi, semplicemente vive la luce in maniera inconsapevole e, se il lighting è ben riuscito, ha la capacità di trasmettere sensazioni positive a un livello profondo, di generare un ricordo piacevole. Cerchiamo di guidare chi si affida a noi sottolineando come tre aspetti fondamentali della luce debbano essere in equilibrio. L'illuminazione deve essere funzionale, ovvero consentire alle persone di vedere bene e compiere azioni in sicurezza; deve favorire il benessere olistico; deve garantire una corretta percezione dei colori, dei materiali e inserirsi bene nel contesto».

 

Deja-Vu

Come comunicate con la committenza?

«Ci sono dei programmi e degli strumenti di calcolo che consentono di definire empiricamente la quantità di luce necessaria e forniscono dati precisi da cui partire. La luce però è, a nostro avviso, una "scienza esatta" solo finché la si analizza dal punto di vista della quantità, bisogna accendere l'impianto per vedere davvero come si relaziona con l'ambiente. Con il cliente cerchiamo di instaurare una relazione di fiducia, se ha scelto di affidarsi a noi deve pensare che saremo in grado anche di gestire la parte illuminotecnica. Proviamo a far capire che la luce è materia duttile, che si adatta agli spazi e che si "aggiusta" in base alle eventuali mutate esigenze. Spesso il risultato finale è frutto di un compromesso tra l'illuminazione generale e specifiche richieste d'accento o desideri delle persone».

 

 

Siete anche designer di prodotto, in questo ambito come riuscite a coniugare estetica e funzionalità?

«I prodotti decorativi, soprattutto quelli di Karman che hanno un carattere e uno stile ben definiti, devono assolvere la funzione illuminante ma anche dialogare armonicamente con il contesto, devono essere belli da spenti e devono colpire, se non emozionare, chi li guarda. Bisogna rispettare il DNA dell'azienda e inserirsi in un catalogo che abbia una sua coerenza, facendo proposte che il pubblico e i clienti del brand possano riconoscere e apprezzare. In genere si parte da una richiesta che viene dall'azienda, da una sfida progettuale che probabilmente risponde a delle richieste del mercato, sia di una tipologia precisa come plafone, lampada da terra, sospensione, dell'impiego di un dato materiale, della necessità di fare un oggetto per in o per l'outdoor. Cerchiamo di mixare il brief con la nostra ricerca personale, che guarda all'arte e all'antropologia, proviamo a concentrarci su un ambito di utilizzo principale che può essere il contract o il residenziale. Disegniamo la forma dell'oggetto e poi aggiungiamo la funzione, provando a renderlo una sorta di "scultura luminosa"».

 

Alì e Babà

Parliamo di un esempio pratico e concentriamoci su Notredame, uno dei pezzi più venduti e apprezzati di Karman…

«Notredame è un prodotto che ha diversi anni, è diventato un'icona sia per la sua estetica sia perché è molto riconoscibile. Come dicevamo prima, nel progettare seguiamo delle regole molto precise; quando ci approcciamo al disegno di un prodotto dobbiamo anche fare in modo che il nuovo oggetto sia coerente con il resto del catalogo. Nel caso di Karman non deve solo assolvere alla sua funzione di illuminare, ma avere qualcosa in più, diciamo una sua personalità e una forte carica stilistica. In questo caso l'azienda ci ha chiesto una lampada che ridefinisse il concetto di plafoniera. Siamo partiti chiedendoci come entra la luce attraverso un lucernario; se la plafoniera dà luce zenitale, il riferimento avrebbe potuto essere un'apertura sul tetto o, a un livello più alto, i vetri delle cattedrali gotiche e i rosoni. Abbiamo scoperto che il tema del rosone era comune a molte culture, la luce è mistica anche nelle moschee; abbiamo pensato di adattare alla dimensione domestica questo effetto, pensando a una lampada che diventasse tutt'uno con il soffitto o con le pareti. Abbiamo sovrapposto rosoni di varie epoche e Paesi, anche dei mandala, creando dei layer per ottenere il disegno finale, trasformandolo poi in oggetto tridimensionale».